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sabato 27 settembre 2008

anniversario per un amico


Conosci Victor Jara?

Ricorre in questo settembre l’anniversario della morte di Victor Jara. Vorrei ricordarlo cosi:
“ Raccolgo questi appunti nel treno che, nella notte, da Santiago mi porterà nella regione dei laghi patagonici e da lì all’isola di Chiloè . Un pensiero continua a insistere nella mia testa: devo scrivere di Victor Jara!
Ieri ho cercato la sua tomba nel grande cimitero della gente comune in cui è stato sepolto a Santiago. Non riuscivo a trovarla: ho camminato per ore. Non ho mollato. Sapevo che era lì: e il mio ultimo garofano rosso doveva essere per Victor. Alla fine un operaio che stava raccogliendo erbacce e fiori secchi ha avuto pietà di me. Mi ha indicato un piccolo forno: uguale a migliaia di altri, non fosse per i fiori che lo ricoprono.
Sì, devo scrivere di questo cantante poeta che con Violeta Parra e gli Inti Illimani ha cantato il Cile dei minatori e dei campesinos. Nato da una famiglia contadina del sud, Victor Jara viene presto abbandonato dal padre. Sua madre, Amanda, lo dovrà crescere da sola, assieme ai fratelli e alle sorelle. E’ una donna molto forte. Ed è una cantante: lei stessa insegnerà a cantare e suonare la chitarra al figlio.
La mattina dell’11 settembre 1973 Victor è all’università tecnica statale, dove ha in programma un concerto. E’ qui che ascolta alla radio le ultime parole che Salvador Allende rivolge ai cileni dalla Moneda bombardata.
E’ il colpo di stato.
E ora i militari hanno circondato l’Università. Victor è nell’aula magna e continua a suonare anche quando i golpisti fanno irruzione. Lo portano allo stadio nazionale del Cile e viene seviziato. Lo assassinano a colpi di pistola il 16 settembre, pochi giorni prima del suo quarantunesimo anno. Il suo corpo, denudato, sarà ritrovato in un sotterraneo. Senza uno straccio e senza mani: quelle mani che al suono della chitarra avevano donato al mondo tante splendide canzoni.
Toccherà alla moglie di Victor, Joan, riconoscere quel corpo. Momenti terribili che ci racconterà in questo modo:
“ In un lungo corridoio ho trovato il corpo di Victor in una fila di settanta cadaveri. La maggior parte erano giovani e tutti mostravano segni di violenza e di ferite da proiettile. Quello di Victor era il più contorto. Aveva i pantaloni attorcigliati alle caviglie, la camicia rimboccata, le mutande ridotte a strisce dalle coltellate, il corpo nudo pieno di piccoli fori. Le mani pendevano con una strana angolatura e distorte. Aveva una espressione di grande forza , di sfida, gli occhi aperti.”
Prima di partire per il sud, sono andato a vederlo, lo Stadio nazionale del Cile. Oggi porta il nome di Victor Jara. Su un muro ho letto l’ultima canzone che Victor ha composto prima di morire nello stadio trasformato in lager.
Finisce cosi:
Canto che cattivo sapore hai
quando devo cantar la paura.
Paura come quella che vivo,
come quella che muoio, paura,
di vedermi fra tanti e tanti
momenti di infinito
in cui il silenzio e il grido
sono i fini di questo canto.
Ciò che ho sentito e quello che sento
Fare sbocciare il momento.

3 commenti:

  1. Quando lessi "Le nuvole non chiedono permesso" ricordo che la storia di Victor Jara mi colpì moltissimo e mi commosse... Non conosco questo artista, non ho sentito nulla di suo, ma le parole con cui ne parli, Tito, me lo fanno sentire estremamente vicino e presente.
    Un abbraccio
    Francesca

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  2. Sto leggendo ora "le nuvole non chiedono permesso".La seconda edizione. La storia di Victor è tremenda, come la storia di Rosa Rùa Nahuelquir ed Atilio Curinanco..... Ho ricominciato a lavorare, tanti i problemi nella scuola, come saprai, quindi rubo il
    tempo per leggere e vado piano, questo fa sì che ogni pagina sia ancora più gustata oppure sofferta come nei casi succitati. Tittidiruolo

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  3. Questo post mi ha fatto venire le lacrime agli occhi...
    non ho parole...
    valentina

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