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venerdì 15 ottobre 2010

Un Nobel alle mamme di Plaza De Mayo







L'assegnazione del Nobel per la pace a Liu Xiaobo è certamente una notizia che riempie di gioia. Ma, purtroppo mi spiace constatare che anche questa volta l'alto riconoscimento è stato negato alle madri e alle nonne di Plaza De Mayo.

 Alle tre del pomeriggio il caldo è opprimente in piazza De Mayo. Però sono contento di stare camminando con le Madri, anche solo il tempo per fare il giro della piazza. La cosa giusta da fare.
 Da fare da oltre trent’anni, perché è da tanto che tutti i giovedì queste donne si ritrovano e marciano con i loro cartelli e i loro fazzoletti bianchi. Ormai sono rimaste in poche, ma va bene così.
Ormai mi vedono quasi ogni anno e mi salutano con affetto. Ho parlato di loro in Antartide e nel mio primo libro Le Nuvole non chiedono permesso.
  Torniamo a piedi al numero 1584 di via Hipolito Yrigoyen, dove c’è la loro associazione. Più che una sede è un grande centro sociale.  Con le sue stanze per le riunioni, le sale per il cinema, il teatro assomiglia alle nostre vecchie case del popolo, prima che diventassero discoteche. La libreria è propria all’entrata e mette a disposizione libri e pubblicazioni di ogni genere. Per la maggior parte riguardano la sinistra radicale e movimentista di tutta l’America Latina: questo fa parte di una scelta politica ben precisa delle Madri.
Mi commuove sempre un grande stanzone, dove si preparano gli striscioni delle proteste e dove sono accatastate migliaia di cartelli con le foto dei figli e dei nipoti desaparecidos. Ora non lasciano quasi più questa stanza, le foto dei ragazzi e delle ragazze che sono scomparsi nella notte dei generali, sono rare le manifestazioni di massa. Però le madri tutti i giovedì si ritrovano ancora in Plaza de Mayo.  Fino a quando? Ogni volta che azzardo questa domanda la risposta è sempre la stessa.  “Fino a quando ci sarà una sola madre, quella marcerà”.
 Marcerà, marceranno: e la domanda sarà sempre la stessa. Semplice e drammatica. “Adonde estan?”. Dove sono? Dove sono i loro figli? Loro continueranno a ripetere questa domanda, senza mai rassegnarsi.
E io aggiungerò la mia voce alla loro.
Non sono pazze, queste donne. Ancora oggi rappresentano la coscienza critica di questo paese. La memoria viva di questo paese, dopo esserne state l’unica voce che raccoglieva e denunciava l’orrore di ciò che accadeva.
Non potevano stare in silenzio e non potevano stare ferme. Quando fu loro proibito di rimanere davanti alla Casa Rosada, sede del governo, cominciarono a camminare in cerchio. Una fila infinita, senza soluzione di continuità.
In questo modo hanno conquistato il rispetto e l'ammirazione del mondo intero. I militari non sono riuscite a ridurle al silenzio.
Più volte caricate dalla polizia, picchiate e arrestate, tre di loro hanno seguito la sorte dei loro figli. Scrive Daniela Padoan in un bellissimo libro a loro dedicato:
Non hanno scelto ciò che si è abbattuto su di loro, ma ne hanno assunto la responsabilità, trasformandola in scelta etica, in un non poter essere altrimenti.
E oggi, l'ho visto con i miei occhi: ogni volta che arrivano in piazza la gente applaude, il popolo le abbraccia e le dà il benvenuto.
La piazza è diventata la loro piazza. Se oggi è possibile pensare al riscatto etico del paese è grazie alla loro costanza, alla loro tenacia.

Madri e donne. Se i militari non avessero fato l’errore di sottovalutare le donne argentine, molte cose non si sarebbero sapute e quella sarebbe stata un’altra tranquilla macelleria del Novecento.
Un altro errore fu non restituire i cadaveri. All’inizio parve una mossa sensata. In realtà credo che proprio il fatto di non dare un corpo e una tomba su cui piangere, su cui elaborare il lutto, abbia contribuito non poco a scatenare questa ribellione unica al mondo. Reazione che, di fatto, ha determinato anche la fine della dittatura e la sua sconfitta.
Grandi invece sono le responsabilità degli italiani che ricoprivano cariche e posti autorevoli. Politici, diplomatici, gerarchie cattoliche non solo non hanno fatto nulla per impedire quella che è stata la strage più grande di italiani dopo la seconda guerra mondiale.
Poi con una vergognosa decisione politica si è chiusa la questione. E invece sarebbe molto importante continuare i processi e riaprirne di nuovi se necessario, anche in Italia.

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