BANALITA’ DEL MALE,
ho appena letto FANTASMI (dispacci dalla Cambogia) di TizianoTerzani. Il libro mi ha riportato con la mente al mio viaggio di alcuni mesi. Il genocidio compiuto da PolPot lascia, ancora oggi, cicatrici profonde in una terra bellissima.
Esiste una banalità del male?
Chissà per quale insondabile ragione, da quando sono tornato dalla Cambogia, continuo a pormi questa domanda. Si è fatta più insistente dopo che ho visto il campo di sterminio di Choeung Ek e la famigerata prigione S21.
Mi torna alla mente il libro di Hannah Arendt che negli anni sessanta, dopo il processo di Gerusalemme ad Adolf Eichmann, suscitò un dibattito accesissimo proprio intorno al concetto di “banalità”.
Il titolo del saggio ‘La banalità del male’ rimanda proprio alla normalità di coloro che compiono i peggiori delitti contro l’umanità. Un libro scomodo che poneva domande che non avremmo mai voluto porci e dava delle risposte non certo rassicuranti.
La giornalista che aveva assistito, come inviata del suo giornale, al processo contro il criminale nazista, riferendosi alla pratica dello sterminio di massa ha cosi definito la natura profonda dell’inclinazione omicida di massa.
Il Male che ho incontrato in Cambogia non riesco a spiegarmelo solo con la natura ideologica, totalitaria e cieca che muoveva la folle violenza dei Khmer Rossi. Non basta parlare dei morti, delle devastazioni, degli orrori che la guerra, anche quella americana in Vietnam, aveva seminato in tutto il sud est asiatico.
Il Male che incontro appare anche a me “banale” e perciò tanto più terribile perchè quei ragazzi con la sciarpa rossa che vedo sorridere nelle foto assieme alle loro vittime si somigliano e ci somigliano.
Oggi in Cambogia si tenta la riconciliazione, solo quattro persone sono in carcere in attesa di un processo di un tribunale internazionale che non riesce a muovere i primi passi.
Migliaia di Khmer Rossi sono tornati a casa, popolano le città e i villaggi, vivono accanto ai parenti delle loro vittime e anche loro sorridono ai turisti.
ho appena letto FANTASMI (dispacci dalla Cambogia) di TizianoTerzani. Il libro mi ha riportato con la mente al mio viaggio di alcuni mesi. Il genocidio compiuto da PolPot lascia, ancora oggi, cicatrici profonde in una terra bellissima.
Esiste una banalità del male?
Chissà per quale insondabile ragione, da quando sono tornato dalla Cambogia, continuo a pormi questa domanda. Si è fatta più insistente dopo che ho visto il campo di sterminio di Choeung Ek e la famigerata prigione S21.
Mi torna alla mente il libro di Hannah Arendt che negli anni sessanta, dopo il processo di Gerusalemme ad Adolf Eichmann, suscitò un dibattito accesissimo proprio intorno al concetto di “banalità”.
Il titolo del saggio ‘La banalità del male’ rimanda proprio alla normalità di coloro che compiono i peggiori delitti contro l’umanità. Un libro scomodo che poneva domande che non avremmo mai voluto porci e dava delle risposte non certo rassicuranti.
La giornalista che aveva assistito, come inviata del suo giornale, al processo contro il criminale nazista, riferendosi alla pratica dello sterminio di massa ha cosi definito la natura profonda dell’inclinazione omicida di massa.
Il Male che ho incontrato in Cambogia non riesco a spiegarmelo solo con la natura ideologica, totalitaria e cieca che muoveva la folle violenza dei Khmer Rossi. Non basta parlare dei morti, delle devastazioni, degli orrori che la guerra, anche quella americana in Vietnam, aveva seminato in tutto il sud est asiatico.
Il Male che incontro appare anche a me “banale” e perciò tanto più terribile perchè quei ragazzi con la sciarpa rossa che vedo sorridere nelle foto assieme alle loro vittime si somigliano e ci somigliano.
Oggi in Cambogia si tenta la riconciliazione, solo quattro persone sono in carcere in attesa di un processo di un tribunale internazionale che non riesce a muovere i primi passi.
Migliaia di Khmer Rossi sono tornati a casa, popolano le città e i villaggi, vivono accanto ai parenti delle loro vittime e anche loro sorridono ai turisti.
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