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venerdì 7 dicembre 2012

Sono arrivato in Terra del Fuoco e ho scritto il primo capitolo...





Quel giorno che il capo degli anarchici doveva evadere dal bagno penale di Ushuaia,  Pascualino si alzò molto presto per andare a pigliare la sua barca.  In rada vide le navi che giacevano in una pigra bonaccia e pensò che il tempo non permetteva di navigare.
 Guardò l’orizzonte e a pochi nodi di distanza gli scogli con il mare squassato dai venti e dai marosi. Conosceva bene quei venti. Raffiche improvvise di un vento infernale sorto dal nulla, burrasche che si radunano in un batter d’occhio,  correnti furiose che trascinano senza troppi complimenti verso gli scogli della costa, chiamata non per caso, della Desolaciòn. Guardò il mare con rispetto ma decise di partire lo stesso. Così affondano le navi guidate da marinai inesperti-pensò- infilandosi il ruvido gorro di lana di guanaco e sciogliendo gli ormeggi.
Naviga vicinissimo alla costa,  sfiorando vertiginosi fronti di ghiaccio infilandosi tra i fiordi e scansando isole di ghiaccio vagabonde.  Sta attento a non  farsi notare quel giorno anche se naviga in una rotta solitaria dove gli unici incontri sono con colonie di foche e elefanti marini. Anche qualche balena sbuffa più in lontananza.
Navigare nello stretto di Magellano o nel canale di Beagle è difficile per chiunque. Scogli, secche e nebbie improvvise. Ma per Pasqualino è una sfida che si ripete ogni giorno che Dio mette in terra.
Lui non ha bisogno di mappe o di radar, gli basta guardare il sole, la luna e le stelle. Oppure inumidire un dito con la saliva per sentire la direzione del vento.

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