Quel giorno che il capo degli anarchici doveva evadere dal bagno penale di
Ushuaia, Pascualino si alzò molto presto
per andare a pigliare la sua barca. In
rada vide le navi che giacevano in una pigra bonaccia e pensò che il tempo non
permetteva di navigare.
Guardò l’orizzonte e a pochi nodi di
distanza gli scogli con il mare squassato dai venti e dai marosi. Conosceva
bene quei venti. Raffiche improvvise di un vento infernale sorto dal nulla,
burrasche che si radunano in un batter d’occhio, correnti furiose che trascinano senza troppi
complimenti verso gli scogli della costa, chiamata non per caso, della
Desolaciòn. Guardò il mare con rispetto ma decise di partire lo stesso. Così
affondano le navi guidate da marinai inesperti-pensò- infilandosi il ruvido gorro di lana di guanaco e sciogliendo
gli ormeggi.
Naviga vicinissimo alla costa,
sfiorando vertiginosi fronti di ghiaccio infilandosi tra i fiordi e
scansando isole di ghiaccio vagabonde.
Sta attento a non farsi notare
quel giorno anche se naviga in una rotta solitaria dove gli unici incontri sono
con colonie di foche e elefanti marini. Anche qualche balena sbuffa più in
lontananza.
Navigare nello stretto di Magellano o nel canale di Beagle è difficile per
chiunque. Scogli, secche e nebbie improvvise. Ma per Pasqualino è una sfida che
si ripete ogni giorno che Dio mette in terra.
Lui non ha bisogno di mappe o di radar, gli basta guardare il sole, la luna
e le stelle. Oppure inumidire un dito con la saliva per sentire la direzione
del vento.
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