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martedì 26 maggio 2015

NELLE LIBRERIE IL MIO ULTIMO LAVORO








Bagno Penale di Ushuaia 




L’avventura di Pasqualino Rispoli, leggendario pirata dei mari a sud dello Stretto di Magellano, un Corto Maltese prima del tempo che inizia le sue scorrerie nella Terra del Fuoco agli inizi del novecento. Quando arriva qua da Torre Del Greco alla ricerca del padre è poco più che un ragazzo, un giovane che sta per incominciare una nuova vita. Il suo cammino si incrocerà con quello del giovane anarchico Simon Radowtzki e con la sua evasione dal famigerato bagno penale di Ushuaia.
Patagonia di esploratori e ribelli, cercatori d’oro senza scrupoli e cacciatori di balene: una strana comunità di avventurieri finiti in fondo al mondo per le ragioni più disparate. Perché questa è ancora una terra ignota, per lo più ancora da scoprire, percorsa dal vento e dal gelo, abitata da sparuti gruppi di indigeni sterminati dai cacciatori di teste.
A distanza di oltre un secolo lo scrittore Tito Barbini si mette sulle tracce di questo personaggio unico, e nel ripercorrerne le gesta ci porta con sé nelle terre e nei mari dell’emisfero australe. Il suo romanzo, esotico e coinvolgente dalla prima all’ultima pagina, ci porta lontano, fino ai confini del mondo e oltre, in un viaggio fantastico che non finisce mai: perché le storie conducono sempre ad altre storie...

venerdì 21 marzo 2014

Quando c'era Berlinguer






E' uscito in questi giorni il film di Veltroni che ricorda la figura di Berlinguer. Mi è stato chiesto un ricordo personale di Enrico.
 Ecco qui. 
Risale agli anni settanta. Comunque sia fu proprio al culmine di una rottura tra i comunisti e i socialisti italiani che Berlinguer mi chiamò a Roma e mi chiese  di andare a Parigi, con questa richiesta per Mitterrand: fare un altro viaggetto a Cortona, ma questa volta per incontrare Berlinguer. 
Naturalmente nel più stretto riserbo.Per la verità non ci incontrammo a Parigi ma andai a trovare Mitterrand  a Chateau Chinon il comune di cui era sindaco.
Arrivai al tramonto, accompagnato da un amico comune, e lo incontrai che passeggiava da solo, per un vialetto davanti a casa. Prima ancora di coglierne i lineamenti lo avevo riconosciuto per il cappello di feltro nero a tese larghe e l’immancabile sigaro.
La cena, in una trattoria del paese, fu per me l’occasione più preziosa per approfondire e imprimermi nella memoria alcuni tratti di Mitterand: l’uomo Mitterand, prima ancora che il Mitterand politico.
Che dire? Di lui mi colpivano e mi piacevano tanti aspetti: una certa fragilità, persino esibita, senza paura di pregiudicare la sua statura di leader; la sua cultura raffinata, sorprendente, a volte spiazzante, per rimandi, intrecci, addirittura eccentricità; la disponibilità ad accogliere le contraddizioni, senza nasconderle o turbarsene più di tanto; e poi l’assenza di retorica, di prosopopea, di ostentazione: gli interlocutori, tutti, non erano semplici spettatori della sua eloquenza.
A ben vedere, per come l’ho conosciuto, Mitterand era l’esatto contrario di tante prime donne che hanno popolato la storia del socialismo. 
Ma questo è un altro discorso.
Quel giorno, a Chateau Chinon, tutto andò per il verso giusto. Mitterrand accettò di buon grado di incontrare Berlinguer, nei cui confronti ebbe apprezzamenti e giudizi lusinghieri.
I due si sarebbero incontrati ai primi del settembre 1978.
 Si ebbe modo di scendere anche nei particolari, individuando luoghi, orari e persone al seguito. Missione compiuta.
Poi tutto andò a rotoli. Ancora oggi non so dire chi andò a spifferargli la cosa, fatto sta che Craxi venne a sapere della visita e si mosse da par suo: cioè da volpone della politica, ma anche da elefante in cristalleria, ben deciso a frantumare tutto. 
Così annunciò la sua visita a Cortona per lo stesso giorno che avevamo programmato per il nostro incontro.Situazione terribilmente imbarazzante, puoi immaginartelo. A Berlinguer non rimase altra scelta che quella di non farsi vedere, inviando al suo posto Sergio Segre, responsabile affari esteri del partito.
Ma Berlinguer e Mitterand non si incontrarono. Anzi, non ebbero proprio più modo di incontrarsi.E chissà cosa sarebbe potuto succedere, nel caso.Lo so la storia non si fa con i “se” e tanto meno introducendo ipotesi che non si sono mai realizzate. Al massimo, si tratta di un gioco che aiuta a tenere ben allenata l’intelligenza.E non è che non sia intrigante, direi persino appassionante. Ho letto più di un libro che immaginava il mondo come sarebbe se gli scienziati del Reich fossero arrivati per tempo alla bomba atomica e se Hitler avesse vinto…Allo stesso modo perché non inventarsi una storia parallela del comunismo? Come sarebbe stato senza Stalin e qualche altro soggettino che ce l’ha messa tutta per fare a pezzi un’idea così bella?Interessante. Ma poi?
Poi niente. 
Però mi piace immaginarmi che Berlinguer e Mitterand, due grandi capaci di accendere passioni e di alimentare un’idea di futuro, abbiano avuto davvero modo di vedersi e di chiacchierare tra di loro, anche solo per alcune ore.
Me li vedo andarsene a braccetto per le viuzze della mia Cortona, confessandosi magagne e delusioni, stringendosi le spalle solo a citare l’Unione Sovietica di Breznev, strappandosi un sorriso rassegnato al cospetto di creature senza gambe per camminare come l’eurocomunismo.
Chissà, un giorno i libri avrebbero potuto parlare di una “svolta di Cortona”.
Qualcosa di nuovo, qualcosa  fatto per tempo.
Qualcosa di utile per tutti noi.

mercoledì 6 novembre 2013

La mia Patagonia


  • Una mia amica di, Serena Ferla, ha scritto su Facebook una breve riflessione su un mio libro di molti anni fa: "Le Nuvole non chiedono permesso" . Le righe che Serena ha dedicato alla Patagonia mi sembrano le più belle che io abbia mai letto. Ecco qui:


    "la Patagonia che ho calpestato in pochi giorni nel cuore dell'inverno, non è quella descritta da Chatwin o raccontata da Sepulveda. Ho intravisto un immenso, minuscolo spazio di terra arida e polverosa, che correva lunga ed infinita attraverso una vegetazione ruvida e bassa, popolata da timidi ed indifferenti animali senza età.
    Raccontarla è impossibile: il suo potente spazio non vuole aggettivi che la possano limitare e rinchiudere in una sola, seppur ricca, definizione. Per farlo è necessario giocare con lei, restituirle le sua importanza con coppie di parole che viaggiano opposte, ossimori audaci e banali allo stesso tempo. E' più facile pensarla e capirla se si accetta di ragionare con la magia di categorie contrapposte: sei sicuro di non sbagliare se la ricordi con il suo vento così afosamente gelido, con i suoi silenzi assordanti, con la sua vivida opacità, con le sue assenti presenze . La sua grandezza non si può misurare, il suo spazio è il totale vuoto. E in questo vuoto c'è solo posto per te che la stai guardando. Di fronte a quel nulla scopri finalmente di avere TUTTO dentro di te, e torni a casa non più ricco di quando sei partito, ma arricchito di te stesso. E forse ti piaci di più. Se provi ad abbracciare con lo sguardo l'infinito che hai intorno riesci a cogliere l'essenza della libertà e ti accorgi di esserne diventato schiavo. Non riesci a piangere perchè le lacrime scendono immobili e asciutte.
    La Patagonia era dentro di me e non lo sapevo!"
  • 29/10/2013 14:47

giovedì 19 settembre 2013

Le Rughe di Cortona : così ne parla Paolo Ciampi



















“Per quanto un albero possa diventare alto, le sue foglie, cadendo, ritorneranno sempre alle radici”. Tra le infinite citazioni sul senso e sul sentimento del viaggio, è con questo antico proverbio cinese per la testa che ho terminato la lettura di Le rughe di Cortona, l'ultimo libro di Tito Barbini.

Come capita spesso con la saggezza orientale, le parole sono semplici ma ciò a cui fanno riferimento è senz'altro più complesso. Siamo noi, quell'albero. Siamo noi quelle foglie che ritornano alle radici. Semmai è quel “per quanto un albero possa diventare alto” che mi convince meno. Non “per quanto”, ma “proprio perché”: questo è come la vedo io. Proprio perché si cresce, proprio perchè con le nostre foglie si tocca il cielo, è ovvio, naturale, necessario tornare alle radici.

È esattamente quello che penso a proposito di Tito Barbini, scrittore e viaggiatore, o viaggiatore e scrittore, nell'ordine che si preferisce, ma anche persona che da lungo tempo ho avuto la fortuna di conoscere. È un albero cresciuto alto, Tito. Un albero che ha saputo liberarsi da ciò che lo appesantiva e lo piegava.

A un certo punto della vita Tito ha smarrito la strada – ed era una strada chiaramente segnata, apparentemente obbligata. A posteriori è stata la sua fortuna. È da allora che si è messo davvero in cammino: con i viaggi – che lo hanno portato verso le mete più remote e affascinanti – e con le parole – che certo sono un altro modo di viaggiare.

Per tutto questo oggi può tornare alle radici. Può cioè vivere l'esperienza più importante per il viaggiatore: il ritorno.

mercoledì 19 giugno 2013

Le Rughe di Cortona







Questa mattina a Firenze ho firmato il contratto con il mio editore per la pubblicazione del mio nuovo libro. Penso che uscirà a Settembre con uno strano titolo: Le Rughe di Cortona.

Rughe della città, quindi, rughe come quelle che solcano il volto di un anziano. Segno corporeo, fisico. E non solo, perché sono anche impronta immateriale del tempo trascorso.

Ho cominciato a scrivere questo libro alla fine del 2011 mentre mi trovavo presso la pensioncina della signora Magaldi a Punta Arenas, nella punta estrema del Cile. Dopo aver scritto le prime pagine, ho lasciato la Patagonia per rientrare in Italia. E nei giorni seguenti sono tornato a Cortona. Ho vagato per la città, giorno dopo giorno, per lungo tempo. La maggior parte di questo libro è stata scritta al rientro da quelle camminate. Partivo, di solito, dall’alto della collina e scendevo a valle percorrendo i vicoli stretti e varcavo gli accessi della città attraverso le antiche porte.

E’ indubbio, tra i cosiddetti centri storici minori della Toscana che sono meta di intenso turismo, Cortona, è una delle più visitate in Italia. In effetti, il complesso formato dai casamenti, chiese, torri civiche e borghi medievali disposti con sapienza logica sul manto verde di un bosco di olivi secolari e delimitato dalle mura di origine etrusca, offre una compiutezza urbanistica e paesaggistica che ben merita la reputazione che si è conquistata.

Ma la fretta dei nostri tempi obbliga spesso il viaggiatore a visite sbrigative di poche ore per essere poi inghiottito da altre mete. Eppure anche il viaggiatore senza tempo può permettersi una piccola deviazione dal suo percorso.