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sabato 18 maggio 2013

La morte del dittatore Videla e le atrocità commesse







La morte di un uomo può chiamare tutti al silenzio, la memoria delle atrocità commesse, avvallate o comandate da questo individuo, deve rimanere nelle coscienze di tutti. Io lo voglio fare  ricordando due pagine del mio libro "Il Cacciatore di Ombre":

Grandi invece sono le responsabilità degli italiani che ricoprivano cariche e posti autorevoli. Politici, diplomatici, gerarchie cattoliche non solo non hanno fatto nulla per impedire quella che è stata la strage più grande di italiani dopo la seconda guerra mondiale.

Poi, nello stesso modo con cui hanno insabbiato le vicende scomode di questi anni,si è chiusa la questione. E invece sarebbe molto importante continuare i processi e riaprirne di nuovi se necessario, anche in Italia.

Anche noi dobbiamo chiarire una parte della nostra storia nazionale che riguarda quel periodo.

Bisogna fare i nomi e i cognomi di chi ha avuto le sue responsabilità. Bisogna ricordare il nunzio apostolico Pio Laghi, che benediceva e faceva benedire generali e torturatori. Ma bisogna anche ricordare tutte le aziende italiane che lavoravano in Argentina, come la Fiat, aziende con capitoli oscuri da riaprire e da verificare. Bisogna ricordare che l’ambasciatore italiano dell’epoca chiuse le porte dell’ambasciata italiana la mattina dopo il golpe militare.  Non per impedire ai militari di entrare ma per negare agli italiani perseguitati e inseguiti di salvarsi dalla mattanza.

Si parla poco della dittatura argentina, e la mia impressione è che se ne parli sempre meno. In Italia, anche per la complicità del governo italiano dell’epoca, si è parlato poco anche di fatti che ci investono direttamente.

Fatti che, per dire, riguardano un mio concittadino, tristemente famoso per aver diffamato e calunniato i giudici Turone e Colombo in merito alla vicenda della strage alla stazione di Bologna. L'avete capito, si tratta di Licio Gelli, l'ex capo della loggia massonica deviata P2.

Fu accusato di aver depistato le indagini con la complicità dei servizi segreti deviati.

Il processo a Gelli non si concluse solo con una condanna al carcere, gli vennero confiscati anche alcuni lingotti d’oro trovati nella sua villa ad Arezzo. Ebbene, i giudici diffamati furono risarciti proprio con quell’oro. Solo che loro, con grande sensibilità, hanno deciso di consegnarlo alle vittime delle stragi italiane e alle vittime della dittatura argentina: 1.330 grammi d'oro che sono passati nelle mani delle locas, le pazze, come chiamavano la Madri di Plaza de Mayo.

Un piccolo ma indicativo gesto di riparazione, a favore delle vittime della dittatura che il “venerabile” Gelli ha sostenuto, attraverso una rete di oscuri contatti tra la giunta militare e il mondo politico ed economico italiano, fino ad arrivare alle gerarchie ecclesiastiche.

Sono orgoglioso di questi miei due magistrati.

A proposito di Gelli, c'è un testimone argentino che ha minuziosamente descritto la sua vita durante il suo lungo internamento all’Esma, la Scuola Meccanica della Marina, dal 1979 fino alla caduta del regime militare. Si chiama Victor Basterra e fu messo a lavorare in una sorta di tipografia clandestina. Tra le altre cose ricorda di avere dovuto creare quattro falsi passaporti per una persona che poi apprese essere Licio Gelli. In Svizzera, quando fu arrestato, Gelli ne aveva uno con sé.

Gelli: il console onorario in Italia dell’Argentina degli assassini. Non dell'Argentina delle madri che piangevano per i loro figli e invocavano giustizia.

Spesso penso alle parole di Eduardo Galeano, un suo breve paragrafo della sua storia alternativa dell’America latina Il secolo del vento:

“Le Madri della Plaza de Mayo, donne partorite dai propri figli, sono il coro greco di questa tragedia. Inalberando le foto dei loro desaparecidos, girano e girano, intorno alla piramide davanti alla Casa Rosada.”

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