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lunedì 23 febbraio 2009

razzismo


Disobbedienza Civile


Lo voglio dire subito a voce alta. Spero proprio che i medici e il personale del servizio sanitario di Arezzo non denuncino i cittadini extracomunitari privi di permesso di soggiorno (clandestini) che si presentano per una qualsiasi necessità nei loro ambulatori o al Pronto Soccorso ospedaliero. Insomma, che anche dalla nostra città si levi una disobbedienza civile contro quest’assurdità suggerita dal cosidetto Decreto Maroni. Proprio cosi i medici potranno denunciare gli immigrati clandestini che si presentano per farsi curare, stracciando cosi il loro codice deontologico. Ridotti a delatori e inducendo gli immigrati a non farsi curare per paura. Non ci sono aggettivi per qualificare le recenti disposizioni che il ministro leghista ha proposto al Parlamento. Vergognose, schifose, feroci? Che esagerazione, che parole improprie, generiche, roboanti e vuote. Mi riesce più facile chiamarle semplicemente razziste e razzisti i suoi autori, cosi possono querelarmi. Disposizioni che marcano gli extracomunitari senza permesso di soggiorno come criminali a cui dare la caccia ed espellere dalla nostra società. Che cosa volete che sia, prendere nome e cognome quando uno di questi diversi si presenta dal medico per curarsi. Che cosa volete che sia ,prendere le impronte digitali a chi chiede un permesso di soggiorno per vivere, magari per pulire i cessi o raccogliere i pomodori o spaccare la legna per l’uomo bianco che questi lavori proprio non vuole più farli. Insomma non si illuda il clandestino extracomunitario di essere un lavoratore regolarmente sfruttato e quindi un cittadino o magari una persona ma tenga bene a mente di essere un ostaggio. Quando non servirà più verrà cacciato via. Questo è lo spirito del decreto Maroni. Il provvedimento prevede anche la schedatura dei senza tetto e la legalizzazione delle “ronde padane” seppur non armate.
La nostra emigrazione , intendo quella italiana , su cui abbiamo versato tante lacrime, in confronto fu una pacchia. E’ vero che ha sofferto le pene dell’inferno ma ora siamo orgogliosi dei nostri nonni che andarono a popolare le americhe, alle quali, è vero, abbiamo regalato anche delinquenti rinomati ma soprattutto manovali e cuochi. Ma avevamo la stessa pelle, lo stesso colore, fu questa la fortuna. Questo decreto è passato al Senato con troppi silenzi nelle forze politiche e nella società. La stessa Chiesa ha lasciato nelle fragili mani di Famiglia Cristiana e della Caritas un argomento che forse avrebbe meritato ben altra posizione. Ma oggi tutti sono presi dal tema della sicurezza. E insicurezza è sinonimo di immigrato in questo nostro Paese.Pubblica sicurezza, ai miei tempi, era sinonimo di polizia. Ora sembra diventata un’aspirazione assoluta, un’ideologia, lo scopo massimo della politica. Tutti parlano di sicurezza, il governo, per non affrontare i grandi temi dell’economia, ha varato un provvedimento vergognoso e non c’è un politicante di destra o centro che non faccia della sicurezza il suo programma elettorale.

(tito barbini, corriere di arezzo,21/02/2009)

giovedì 5 febbraio 2009

"Caduti dal Muro"



Cari amici, oggi dedico il post all'uscita del libro che ho scritto con Paolo Ciampi. Spero che perdonerete questo mio protagonismo ma il libro racconta di un grande viaggio.




In libreria “Caduti dal muro” di Tito Barbini e Paolo Ciampi, Vallecchi Editore
X titolo per la collana Off The Road
Dedicata da Vallecchi alla letteratura di viaggio

L’opera

Nel 2009 saranno esattamente 20 anni dalla caduta del Muro di Berlino e sotto quel muro, che si sbriciolava sotto i colpi di piccone, spariva il mondo che aveva creduto nel socialismo e nella sua realizzazione. Finiva un impero che da Berlino arrivava fino alle sponde del Pacifico, tramontava di colpo il “sole dell'avvenire”, cambiavano all'improvviso mappe geografiche, bandiere, nomenclature. E ora, 20 anni più tardi, cosa ne è stato di quei paesi su cui un tempo regnava la falce e martello? Per capirlo niente di meglio che un viaggio lento attraverso l'altra metà del pianeta, zaino in spalla e un treno dietro l'altro per attraversare le sterminate distese di due continenti, tra miserie e splendori, delusioni e incanti. Un viaggio dall'Europa orientale alla Russia, dalla Cina fino al Vietnam, alla Cambogia e al Tibet, che è anche un viaggio nel tempo, nella memoria, nell'esperienza di chi, in Italia, ha coltivato il sogno della rivoluzione e poi se l'è sentito scivolare tra le mani. Per diventare poi confessione e dialogo tra due scrittori divisi dall'anagrafe e dalle parabole della politica – uno che ha creduto fino in fondo nelle possibilità della politica e perfino nella forza dell'utopia, l'altro che ha trovato ben poco a cui aggrapparsi – ma che riescono a ritrovarsi insieme: con ironia e leggerezza, come se da tante macerie potesse di nuovo spuntare un'altra speranza, fosse pure solo un altro viaggio, un altro orizzonte che si schiude.