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mercoledì 13 gennaio 2016

Tito Barbini e quel bufalo che scarta di lato ( di Paolo Ciampi)



Ricordate Buffalo Bill di Francesco De Gregori? Quella differenza che salta agli occhi tra un bufalo e una locomotiva?  Un treno va dritto, sulla strada tracciata dai binari, dritto fino alla stazione successiva, male che vada può accumulare ritardi. Un bufalo, no, non ha strade segnate: può diventare preda di un cacciatore, cadere sotto i suoi colpi, ma intorno a sè ha la prateria e può sempre scartare di lato.

Ecco, è da questa canzone - ma soprattutto dalla consapevolezza di essere partito come treno per poi farsi bufalo che scarta di lato - che comincia Quell'idea che ci era sembrata così bella, ultimo libro di Tito Barbini (Aska edizioni), il più intenso, il più sofferto: libro di viaggio anche questo - non saggio o autobiografia - ma viaggio nel tempo, viaggio nella storia che è quella di Tito e insieme quella dei tanti che generazione dopo generazione si sono spesi generosamente per un'idea che prometteva giustizia, eguaglianza, libertà.

Questa è la mia storia, afferma con orgoglio Tito, nella prima pagina. Lo avevamo lasciato con le sue  narrazioni di pirati, missionari, anarchici, sognatori negli ultimi lembi dell'America Latina e ora lo ritroviamo alle prese con una trama di vita che annoda i suoi fili nella Toscana dove, ai tempi, non era davvero difficile innamorarsi del comunismo. Quindi, se si possedevano voglia e stoffa, succedeva di percorrere le varie tappe della militanza e dell'impegno amministrativo. La storia di Tito, insomma, la strada segnata.

Lui poi un giorno, come il bufalo, ha scartato di lato. Ed è grazie a quello scarto se si è messo a viaggiare e da quei viaggi sono nati libri belli e importanti. Le nuvole non chiedono permesso fu il primo, titolo splendido, titolo che in fondo racchiude il destino di Tito, uomo che con il suo bagaglio leggero si è fatto anche nuvola che attraversa i confini.

Chi lo conosce, chi conosce i suoi libri, sa bene che viaggiare non ha mai significato liquidare una volta per tutte la passione della politica. Casomai a quella passione il viaggio ha portato in dono nuova linfa, uno sguardo più profondo, la forza dell'incontro, il senso di un cambiamento della realtà delle cose che non può prescindere dal cambiamento interiore.

Quell'idea per cui si era tanto speso e che la Storia ha avuto molto fretta di liquidare Tito in qualche modo lo ha ritrovata proprio per il mondo: magari sotto altri nomi e bandiere, con parabole che hanno portato molto lontano, in un gioco di scomposizioni, rimandi, contaminazioni che non sono la fine di una storia, semmai un'altra storia.

Ed è anche vero che a quell'idea Tito ha già dedicato molte pagine di altri libri. Uno scritto anche insieme a me, il più esplicito rispetto al sentimento della sconfitta, Caduti dal Muro: un lungo emozionante viaggio nei paesi dove il socialismo reale ha lasciato le sue macerie. Però penso anche alle Rughe di Cortona, un libro di singolare bellezza, il racconto di un viaggio che è tutto un ritorno.

Ma questo libro ora è tutt'altra cosa: quell'idea Tito non l'affronta dopo che da buon bufalo ha scartato di lato. Questo è un viaggio per intero, un viaggio che parte da dove di deve partire. Come quando si scende un fiume e lo si fa dalle sue sorgenti. In questo caso una cittadina toscana, una famiglia comunista, un bambino con i suoi sogni.

Ne avrà di strada davanti a sè, quel fiume, prima di incontrare il mare. Prima di donare le sue acque al mondo. 
Paolo Ciampi

giovedì 7 gennaio 2016





Nella notte, sotto la luna, la Croce del Sud in alto.

Così navigava l’ultimo pirata, il mio pirata, Pasqualino di Torre del Greco, all’inizio di quel secolo che avrebbe visto di tutto, il Novecento delle meraviglie e delle nefandezze. Qualche volta gli capitava di alzare lo sguardo verso il cielo, richiamato dal rumore di un aereo, che passava sopra di lui.
Chi pilotava quel piccolo velivolo con le ali di legno? 
Sapeva che era il corriere che ogni tre giorni atterrava a Punta Arenas per la consegna dei sacchi di posta. Certo non poteva sospettare che su quel piccolo monoposto c’era un uomo che un giorno sarebbe diventato famoso in tutto il mondo per un libro, solo per un libro: il Piccolo Principe.
Pilotava l’aereo postale, il giovane Antoine Saint Exupery. Tutti i giorni. Da Bahia Blanca a Sant Antonio Oeste e da qui a San Julian e a Rio Gallego. Arrivava anche a Punta Arenas. 
Il Principito, come lo chiamano oggi da queste parti, era di casa in quegli anni. Ovvero: era di casa lungo tutta la costa atlantica. 
Lo avrà incontrato Pasqualino, magari camminando per Punta Arenas? Mi piace pensare che, come avvenne con Don Patagonia, quell'incontro ci sia stato. E sento che la Patagonia, in qualche misura, ha a che vedere con questo incontro.
Una volta Antoine scrisse alla madre: 
Ho fatto un lungo volo di 2.500 chilometri in un solo giorno, è stato bellissimo tornare dall’estremo sud, dove il sole tramonta alle dieci di sera, presso lo stretto di Magellano. Là è tutto verde: città su dei prati. Strane piccole città di lamiere ondulate. E gente che, a forza di sentire freddo e di raccogliersi attorno ai fuochi, è divenuta simpaticissima.
Quando lasciò il Sudamerica per dedicarsi al giornalismo e poi alla letteratura Antoine lasciò un vuoto enorme in questa terra, dove gli eroi e gli esploratori si riconoscono da lontano.
Per questo abbandono un attimo il mio pirata nelle acque agitate dello Stretto per trattenermi ancora per un po’ in compagnia di questo grande scrittore. 
Coraggioso, distratto, al limite dell’incoscienza. È rimasta proverbiale la sua attitudine agli incidenti di volo. Ha distrutto più velivoli di qualsiasi altro pilota. Ogni incidente gli lasciava un corpo ogni volta più malridotto. Presumo che le considerasse come le cicatrici di un capo indiano.Una volta, negli anni Venti, cercò di stabilire il record di velocità da New York alla Terra del Fuoco. Aveva una spalla anchilosata e i movimenti limitati al punto da impedirgli l’ingresso nella cabina dell’aereo. Non morì come gli altri, scomparve. Allo stesso modo del Piccolo Principe, forse, decise di farsi mordere dal serpente per lasciare il pianeta nel quale si sentiva troppo solo. Si è dissolto nella leggenda con il suo ultimo volo, senza ritorno.Fu abbattuto con il suo aeroplano nel 1944 al largo di Marsiglia. Era decollato da Bastia per fare una ricognizione su Grenoble.Solo qualche tempo fa, ho letto, un anziano ex pilota della Luftwaffe ha ammesso di aver sparato a un aereo che poteva essere il suo. Mi hanno colpito le sue parole: conosceva i suoi libri a memoria, aveva cominciato a volare grazie a lui. Per anni aveva sperato di non averlo colpito.
Chissà cosa gli sarà passato per la testa quando ha scoperto di aver abbattuto il poeta che volava a vele spiegate. 
Tito Barbini (L'Ultimo Pirata della Patagonia"




lunedì 4 gennaio 2016



 Buenos Aires. La vecchia libreria del signor Schiffer è stata chiusa. Ecco il mio ricordo. 
Ogni giorno che trascorro a Buenos Aires scopro qualcosa di nuovo. Ero di ritorno dalla tomba di Evita, camminavo lungo il muro del Cimitero della Recoleta, ed ecco, m’imbattei in una libreria antica con dentro un intero mondo, anch’esso antico. E’ stato un altro dei preziosi doni che ho ricevuto da questa città.  Dietro il bancone, un anziano signore dall'aria distinta consultava alcuni cataloghi buttando di tanto in tanto un occhio a un vecchio computer sulla scrivania. Intorno all'anziano libraio, con gli occhiali e il maglione rosso, antichi mobili di ciliegio custodivano sotto chiave rarissimi e preziosissimi volumi dal valore sicuramente inestimabile. Regnava il silenzio più assoluto, un silenzio rotto soltanto dal rumore delle pagine sfogliate e dei passi che scricchiolavano sul legno del pavimento.  L’avevo scoperta per caso e subito mi rammentò un bellissimo film con Anthony Hopkins e Anne Brancroft. Ricordate? Helen è una scrittrice americana che vive a New York, è alla ricerca di alcuni libri rari. Entra in contatto con una libreria specializzata di Londra, al numero 84 di Charing Cross (e questo indirizzo è anche il titolo del film). Inizia una relazione epistolare con il direttore della libreria: continuerà anche se i due non s’incontreranno mai. Per me questa libreria di Baires è diventata l’equivalente della libreria all’84 di Charing Cross. Anche dopo che sono tornato in Italia ho coltivato l'idea di mettermi in corrispondenza con il vecchio professore di storia in pensione che la gestisce. Un professore speciale, che di nome fa Gustavo Schiffer, per una libreria speciale. Fantasticavo: mi piaceva l'idea di scrivere, di scriversi e ogni tanto di farmi mandare un bel libro, raro e importante, che non avrei mai trovato in Italia.Libri scomparsi, libri ricercati, libri che nemmeno sapevo di desiderare. Ma soprattutto mantenere un contatto con un anziano signore che fa un mestiere bellissimo, un mestiere utile, benché oggi poco considerato, quello del libraio. E mantenere questo contatto malgrado la distanza. E magari farsi raccontare la città quando ti manca.  Tra noi la scintilla era scoccata subito. "Davvero lei è uno scrittore viaggiatore?" mi aveva chiesto con malcelato interesse. Per poi aggiungere: "Peccato, non ho più il nostro precedente catalogo che avevamo dedicato a un’importante selezione di viaggiatori. C’erano molti libri in cui si racconta che cosa disse e cosa scrisse chi, nel passato, per un motivo o per l’altro, si avvicinò alle nostre coste e in questo modo influì sulla storia argentina. Invariante storica l’abbiamo chiamata". Non capivo bene cosa mi stava dicendo ma gli chiesi  di mandarmi in Italia una lista dei libri di viaggio disponibili nei suoi archivi segreti. Chissà, forse avrei trovato qualcosa di importante. Fermo restando che l’aggettivo importante può voler dire molte cose in questo contesto: per esempio, sono importanti parole che ti schiudono la possibilità di un nuovo viaggio.  Il vecchio signore con il maglione rosso continuava a incuriosirmi.Gli chiesi, con un certo timore, se la libreria era aperta ai tempi della dittatura e se lui era lì in quegli anni.  "Certo!" mi rispose con slancio. Quasi a sottolineare che le dittature possono anche passare, ma i libri no, i libri in genere rimangono. Messaggio di grande speranza, questo.  "La libreria è sempre stata della mia famiglia. Semmai proprio in quel periodo  i generali mi imposero di lasciare la scuola e con la scuola l’insegnamento".E mi sembrò di avvertire la sua amarezza, sapore della sua vita. E allo stesso tempo compresi il riscatto che aveva cercato.Le pareti di libri intorno a lui, in un rapporto denso con il passato, gli avevano consentito una sorta di isolamento, un parziale distacco dal mondo dei disastri e delle ingiustizie. "Vuol sapere cosa penso quando qualcuno entra in libreria e mi chiede un libro appena uscito che magari è in testa alle classifiche? "Lo guardai con curiosità. "Penso che la lettura dei libri nuovi impedisca la lettura di quelli vecchi ".Poi è finita come quasi sempre finisce anche con i migliori compagni di viaggio, con i quali ti sei scambiato pure l'indirizzo. Non gli ho mai scritto dall'Italia. Ora però sono di nuovo a Buenos Aires e quella libreria mi è tornata in mente. Questa mattina mi sono svegliato con l’idea di farle visita e di salutare di nuovo il mio libraio. Con questa idea e con la voglia di sfidare la sorte. Vai a sapere, magari il signor Schiffer avrà qualche libro sul mio salesiano. Scricchiola ancora il pavimento di legno e annuncia l’arrivo del nuovo cliente. Rimane inconfondibile l’odore dolce della carta stampata e dell’inchiostro. Questo posto è pieno di libri che l’umidità dell’estate argentina invecchia precocemente.. Non è un bene per i libri ma d’altronde non siamo in un museo e i condizionatori costano. 
Sono qui, a perdermi tra i palchi e soppalchi della libreria. Decido di acquistare dieci libri ormai fuori commercio da anni. Mi sono costati una piccola fortuna ma ne è valsa la pena. Ho comprato anche un’edizione rarissima di un racconto di Salgari. Lo regalerò a Paolo in omaggio al suo bellissimo Gli occhi di Salgari, un libro in cui si parla dei viaggi che si possono fare con i libri, sulle ali della fantasia. Paolo, da buon salgariano, sa che si può arrivare fino alla fine del mondo anche solo con l’immaginazione. A me a un certo punto non basta più, ho bisogno di mettermi lo zaino in spalla. Però so che questi dieci libri sono altrettanti viaggi.  Non ho trovato niente sul mio missionario. Però il signor Schiffer si darà da fare e sa già dove cercare. Me l’ha promesso. Se troverà qualcosa mi scriverà. Già pregusto la gioia di una sua lettera. Un messaggio dalla libreria di un altro continente. Che emozione.Nemmeno fosse Charing Cross 84.Mi mette tristezza pensare che il futuro dei libri possa essere affidato solo ai bookshop on line e ai libri digitali da scaricare come le suonerie del cellulare. Salviamo i librai come il signor Schiffer